DALL’AMORE… PER LA CERAMICA Elettra De Biasio
La storia di Elettra De Biasio.
Elettra De Biasio geniale ceramista, cattolichina d’adozione, garanzia solo per il nome che porta, già predestinata
ad un futuro artistico.
Il suo nome deriva dal greco antico Elektra, imposto in onore ad una delle Pleiadi, gruppo di stelle della
costellazione del Toro.
Guglielmo Marconi noto inventore italiano, premio Nobel per la Fisica che, grazie alla sua scoperta sviluppò un
efficace sistema di comunicazione con telegrafia senza fili, diede il nome ad una delle sue adorate figlie.
Elektra significa anche: ambra, elettricità ed oggetto raggiante, splendente e proprio da quest’ultima definizione
che tutto ebbe inizio.
Nasce in Istria, da genitori triestini con un forte senso per la famiglia; la sua corporatura esile, i suoi modi
gentili e la sua voce pacata quasi sottotono, nascondono una forte determinazione.
A causa del susseguirsi dei noti eventi bellici, loro malgrado, furono costretti a lasciare l’adorata Istria, da qui la giovanissima Elettra decise di tagliare il cordone ombelicale che la legava al suo nucleo familiare e si trasferì per motivi di studio a Milano, capoluogo ‘multiforme’, intraprendendo così, quasi inconsapevolmente la via artistica.
Nasce in Istria, da genitori triestini con un forte senso per la famiglia; la sua corporatura esile, i suoi modi
gentili e la sua voce pacata quasi sottotono, nascondono una forte determinazione.
A causa del susseguirsi dei noti eventi bellici, loro malgrado, furono costretti a lasciare l’adorata Istria, da qui la giovanissima Elettra decise di tagliare il cordone ombelicale che la legava al suo nucleo familiare e si trasferì per motivi di studio a Milano, capoluogo ‘multiforme’, intraprendendo così, quasi inconsapevolmente la via artistica.
Conobbe Nino, un giovane studente romagnolo per la precisione cattolichino iscritto alla facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica della città meneghina. Fu un colpo di fulmine, tant’è che decisero dopo una breve relazione, di consolidare la loro unione, in primis con una ‘fuitina’ e successivamente con il matrimonio.
Al termine degli studi e vari corsi, decisero di ‘separare’ momentaneamente i loro percorsi lavorativi, Elettra venne assunta presso uno studio artistico di ceramiche, dove insegnò l’arte di lavorare la ceramica agli studenti liceali, Nino invece avviò un’attività di utensileria meccanica. Ben presto però si resero conto che queste esperienze non sarebbero durate a lungo, per loro erano solamente un tramite, una forma di rodaggio, per potersi preparare a ciò che li attendeva.
Si dice che la fortuna aiuta gli audaci, rientrarono così a Cattolica nel novembre del 1957 e grazie ad un amico che voleva sbarazzarsi del proprio laboratorio sito in via Saffi, decisero di dar vita alla loro laboriosa avventura.
L’inizio non fu semplice, ci furono molti tentativi, esperimenti, diversi oggetti distrutti, difficoltà nel reperire il materiale per produrre la ceramica; ma con la tenacia che li ha sempre contraddistinti, da brave persone caparbie, prova che ti riprova, gira che ti rigira, nacquero i primi capolavori.
Attorno agli anni 70/80 Elettra sviluppò le sue capacità seguendo la corrente del Cubismo, trattenuta sin dai tempi del liceo artistico in Brera, periodo della sua vita particolarmente travagliato.
Continuamente alla ricerca di idee nuove per se e per gli altri, liberava la sua mente componendo opere d’arte originali, sempre più originali, sempre più particolari, precise e raffinate, come del resto è la sua personalità.
Elettra inventò diverse sculture antropomorfe, vasi in terracotta muniti di testa, decorati o agghindati con abiti, piatti da muro che a tratti ricordano uno dei massimi esponenti della suddetta corrente, ovvero Picasso.
La nostra ceramista creò bassorilievi raffiguranti figure e scene mitologiche da intercalare tra le mura domestiche o all’ingresso delle ville.
Diede vita ad oggetti in rilievo, con la tecnica del ‘lucignolo’, il modo più antico per lavorare la porcellana; con questa modalità di operare, non era necessario l’uso del tornio, bastava sovrapporre anelli di argilla legandoli tra loro, facendo pressione sia all’interno che all’esterno rendendoli solidi, permettendo così di modellarli in tutte le loro forme, anche grandi e complesse.
Una volta che la terra si è completamente asciugata occorrono mediamente 48 ore, l’oggetto è pronto per essere cotto alla temperatura di circa mille gradi, dopo questo passaggio ciò che si ottiene è chiamato ‘biscotto’, ovvero il manufatto pronto per essere decorato come stabilito e ulteriormente sottoposto ad una seconda infornata per vetrificarne i colori e rendere impermeabile l’oggetto. Non di minore importanza furono le creazioni di statuette che raffigurano personaggi carnevaleschi come Arlecchino, Colombina e appartenenti alla commedia dell’arte, oggetti dai colori vivaci, stilizzati in movimento, che ci riportano a ritroso nella nostra memoria fanciullesca, damine dell’Ottocento modellate con sfoglie di creta, talmente reali da avvertirne la presenza.
Grazie anche ad una ricerca spirituale, un viaggio dentro se stessa, l’artista Elettra è sempre in continua metamorfosi, si esprime al massimo quando è in piena solitudine, in silenzio, libera, in completa serenità… Dove, la fine di ogni creazione, lascia in lei un senso di appagante felicità.
Lavorare la ceramica non è impresa facile.
La materia prima usata per la produzione di oggetti in ceramica è chiamata argilla, la quale permette di creare in grande libertà, il colore del materiale ceramico varia a seconda degli ossidi cromofori, colori naturali in essa contenuti e spaziano dal bianco, giallo, arancione rosso e bruno. E’ un materiale inorganico, molto duttile allo stato naturale, rigido dopo la fase di cottura; usando l’acqua per la lavorazione l’argilla si presta ad una notevole plasticità, rendendola così molto più facile da plasmare, inoltre può essere sottoposta ad un elevato punto di fusione che può raggiungere i 1.700 gradi senza che ne avvenga la decomposizione.
Le tecniche usate sono le più antiche utilizzate sin dai tempi più remoti, mentre gli strumenti sono le mani, di conseguenza ogni oggetto prodotto ci racconta dell’artista e del suo sentire,
TECNICHE
– Tecnica a pollice, una delle più remote per creare e modellare un contenitore con il solo ausilio delle mani.
Si parte da una palla di argilla di dimensione tale da essere contenuta in una mano e, con l’altra si preme con il pollice al centro di essa fino a giungere ad un paio di centimetri dal fondo; questa pratica richiede una certa esperienza ma si ha il vantaggio di modellare rapidamente il pezzo, una vera e propria magia nelle nostre mani.
– Tecnica del colombino o lucignolo, è la più immediata e capace di regalare numerose possibilità di modellazione.
Armati di una buona dose di pazienza si parte da una lastra di argilla stesa con un mattarello da cui si ritaglia la forma di base scelta per l’oggetto, in seguito si preparano i colombini, cioè pezzi di argilla fatti rotolare con le
mani su di un piano di lavoro fino ad ottenere delle strisce simili a dei grissini che verranno attaccati l’uno
sull’altro partendo dalla base precedentemente ritagliata.
Ecco che l’oggetto comincia a prendere forma, la quale può essere cilindrica, bombata, svasata etc. etc.; si liscia
la creta fino a rendere tutta la superficie omogenea, l’importante è unire bene le parti per evitare che durante
la fase di essiccamento si dissaldino. Dopo qualche giorno, quando la terra si sarà completamente asciugata, si
potrà procedere alla cottura in un apposito forno alla temperatura di circa 1.000 gradi, da qui uscirà il manufatto
chiamato biscotto, pronto per essere decorato e successivamente cotto per la seconda volta per fissare i colori.
– Tecnica a colaggio, impiegata per la riproduzione fedele in serie di oggetti come servizi da caffè, the e per la
prima colazione.
Viene utilizzata la barbottina, legante liquido composto da acqua, argilla in polvere e fluidificante (silicato di
sodio) che permette alla terra di sciogliersi facilmente rendendola totalmente fluida. Lasciata riposare per almeno
trenta minuti è pronta per essere versata lentamente all’interno dello stampo in gesso sufficientemente umido,
per permettere alla barbottina un’ottima aderenza alle pareti e in quanto il materiale di stampo è di origine
porosa, ha il potere di assorbire tutta l’acqua in eccesso facendo solidificare il composto; una volta raggiunto
lo spessore desiderato e la giusta essiccatura dell’argilla, l’oggetto integro si stacca da solo dalle pareti dello
stampo, senza il pericolo che si possa deformare o rompersi.
– Tecnica a pressa e tornio pressa, entrambe adatte per grandi quantitativi di vasellame e da cucina, dove è
richiesta la perfezione costante della forma stampata come per esempio: piatti, vassoi ed altro.
L’argilla viene messa tra le due valve in gesso dello stampo e chiuse da un pistone idraulico, alla riapertura
l’oggetto viene fatto staccare da un getto d’aria che passa attraverso i pori dello stampo stesso, per essere poi
rifinito e cotto.
Invece per la pressa tornio vengono prodotti articoli che hanno sottoquadri come per le anfore, vasi e cachepot
ossia portavasi da giardino decorati. Per forgiare il pezzo, si introduce una palla di argilla nello stampo in gesso o
in metallo e, facendolo ruotare entrerà il punzone che porterà la creta allo spessore stabilito; a questo punto
basterà aprire lo stampo e togliere l’oggetto per la rifinitura finale. Ora che è tutto pronto, ma ancora allo stato
grezzo cioè in terracotta, si passa alla fase della decorazione, colorata in molti modi anche in relazione al tipo di
risultato che si desidera ottenere.
– Tecnica della maiolica, è la combinazione tra smalto e colori. Si parte da un biscotto rosso (terracotta) sul quale si
applica uno strato di smalto solitamente di colore bianco, una volta che l’oggetto è asciutto, si va a realizzare la
decorazione desiderata con l’ausilio dei vari colori procedendo poi con la cottura.
L’aspetto è molto suggestivo, poiché è simile alla pittura con acquarelli, la colorazione leggera lascia trasparire
il fondo chiaro.
CLASSIFICAZIONE DEI COLORI
– Ingobbio: specifici colori per la decorazione della ceramica composti da argille già cotte e triturate finissimamente,
caolino, sostanze minerali e ossidi. Sono di fatto, smalti adatti ad essere applicati sull’oggetto essiccato ma ancora
da cuocere, questo permette di effettuare una sola cottura dal momento che questi colori tollerano particolarmente
le alte temperature a cui si sottopone la creta. Gli ingobbi però non sono molto diffusi, essendo molto costosi e
dalle tinte forti, ma nel contempo molto apprezzati dai ceramisti perché vengono prodotti da loro stessi.
– Cristalline o vetrine: rivestimenti di tipo vetroso, impermeabili, lucidi, normalmente trasparenti, occasionalmente
colorati, ‘regalano’ così la possibilità di intravvedere l’argilla sottostante.
– Smalti: anch’essi di tipo vetroso, ma a differenza dei precedenti sono del tutto coprenti. Ciò è determinato dalla presenza di ossidi tra i quali: stagno, alluminio e, possono avere l’aspetto lucido e satinato; la smaltatura di un
pezzo in ceramica ha lo scopo di proteggerlo dall’usura, di facilitarne la pittura, la manutenzione e decorarlo
finemente