TRADIZIONE ROMAGNOLA Luigi Pagnoni, Bigi per chi l’ha conosciuto.
Faticai un pochino quel giorno per trovare la sua casina…
L’appuntamento era per le 14.30 di un pomeriggio assolato ed afoso del mese luglio, suonai a diversi campanelli senza però ottenere alcuna risposta, forse un po’ per timore oppure perché l’estate, il mare, rapisce quasi tutti i cattolichini.
Il mio andirivieni nella via aveva evidentemente attirato l’attenzione, avevo notato una presenza dietro una tendina della finestra… fino a che, ad un certo punto, si aprì una porta verde ed uscì un ometto dall’aspetto esile, ma con un atteggiamento deciso mi chiese se avevo bisogno di aiuto o se stavo cercando qualcuno, risposi: mi scusi sa per caso dove abita il sig. Bisi? Lui disse: Bisi non lo so ma io sono Luigi, mi conoscono tutti come Bigi; dentro di me pensai, ottimo Ombretta parti subito con il piede giusto!
Signor Luigi cercavo proprio Lei dissi presentandomi e spiegando il motivo per cui mi trovavo li e, con un cenno mi invitò ad entrare a casa sua.
Rimasi piacevolmente sorpresa della fiducia riposta nei confronti delle persone sconosciute, del resto lo ero anch’io in quel preciso momento, affidamento che al giorno d’oggi facciamo fatica a trovare.
Mi accomodai su di una sedia e chiedendomi di aspettare un attimo, Bigi tornò in compagnia del figlio, rispiegai nuovamente il motivo dell’incontro, oltretutto ricordo ancora quanto stavo sudando freddo in quel istante, era la mia prima intervista, proprio la prima ed indovinate che lavoro svolge il figlio di Luigi? E’ docente all’Università di Bologna alla facoltà di giornalismo! Ve lo dicevo che ero partita alla grande…
Dopo quattro chiacchiere ed una buona tazza di caffè, i toni erano diventati meno formali anzi direi amichevoli, ad un certo punto Luigi si alzò dalla sua poltrona per ritornare poco dopo con uno dei suoi ‘gioiellini’, i suoi occhi brillavano come quelli di un bimbo che mostra il suo giocattolo preferito ricevuto dopo tanta attesa.
Luigi Pagnoni, detto Bigi classe 1927, cattolichino per antonomasia, hobby: costruire minuziosamente modellini di barche tradizionali romagnole dette: Bragozzi.
La sua originalità consiste nel ricavare queste barchette da piccoli ceppi di abete, apprese questa tecnica da un amico falegname che creava i modelli dai listelli della suddetta conifera dal legno molto malleabile, riducendo sempre di più il volume dei piccoli ciocchi di legno, formava lo scafo dalla poppa alla prua, tutto questo veniva forgiato solamente con l’ausilio di un coltello e la passione per il suo svago.
Successivamente e separatamente si preparavano gli alberi con il compensato di betulla a cui venivano inserite le vele, rigorosamente fatte di stoffa colorata e decorate con il simbolo di appartenenza delle famiglie di marinai del Capitano, particolare importante in quanto segno di riconoscimento dell’imbarcazione romagnola, utile non solo per gli amici ma anche per la Guardia Costiera che, per qualsiasi motivo poteva sapere chi c’era in mare.
L’intervista continuava ma non potevo ancora immaginare quale meravigliosa sorpresa mi attendeva…
Seguii Luigi lungo il corridoio di casa, estrasse dal taschino una chiave ed aprì la porta di una stanza… Spettacolo! Puro spettacolo per gli occhi!
Un vero tesoro, gelosamente custodito, quasi un centinaio di modellini di bragozzi, uno diverso dall’altro, costruiti ad uno ad uno, dipinti a mano, posizionati su mensole o ‘racchiusi’ in cornici di legno, mai in vita mia avevo visto qualcosa di così straordinario, si poteva quasi sentire tutto l’amore che aveva impiegato nella sua passione.
Tutte con il nome di appartenenza del Capitano, per citarne alcune:
SOLFERINO: Capitano Alessandro Lorenzi detto ‘Giurmen ad Furmigon’, bragozzo a vela impiegato sia per la pesca che per la navigazione.
NOVA ROSSINI: capitano Michele Tommasin detto ‘Muron d’Cico’, bragozzo a due vele, particolare l’occhio del Cubia disegnato a prua, dal quale scendeva l’ancora per attraccare.
GINO: Capitano Francesco Pagnoni (papà di Bigi), bragozzo a motore da 30 cav., composta dal ghis ovvero vela a forma triangolare; questa barca purtroppo venne sequestrata dai tedeschi in tempo di guerra e mai più restituita al proprietario.
NUOVO TRIONFO: Capitano Colombo Prioli detto ‘Bargoglio’, bragozzo a due vele.
BATZOT: Capitano Andreatini, piccola lancia, unica vela utilizzata per la pesca a strascico, antenata dell’odierno cutter.
ANNUNZIATA: Capitano Gili detto ‘Bisen’, l’originalità di questo bragozzo sono i due bastoni detti ‘stangon’ che si estendevano a lato dello scafo ai quali venivano appese due reti per la pesca.
MARIA ANNA: Capitano Dino De Nicolò, detto ‘Dino d’Pirol’
DANTE ALIGHIERI detto ‘Briculèn’, motonave, uno dei primi pescherecci moderni, in media la misura della cabina variava dagli 11 ai 20 metri.
BARCA SLAVA: grande barca che ricorda i vascelli del ‘500, con vela latina cioè a triangolo stondato, dal particolare
timone che può essere posizionato anche a lato della poppa.
BARCA GHIAGGIOTTA: barca a vela con alberi snodati per poter oltrepassare i ponti stradali.
GALEONE: barche da guerra, ne ha costruiti una decina, tutti curati nei minimi particolari, basta pensare che ognuno di essi a 100 cannoni, vele a quadri, coffe per le vedette e sartie per tenere fisse l’albero maestro.
Piccola curiosità: tutte le barche con la prua rotonda sono bragozzi, le quali vele in caso di vento forte, vengono arrotolate nelle corde chiamate sigulèn infine, quando si stava in mare per segnalarne la presenza, le barche a vela usavano le lanterne una verde e l’altra rossa mentre quelle a motore usavano le luci.
Detto ciò non mi rimane altro che sottolineare l’amore che Bigi provava per la sua terra, per il mare e per il suo hobby, pensate che Bigi ad ognuna delle famiglie di marinai ha regalato un modello di bragozzo…
Ringrazio e voglio ricordare Luigi Pagnoni detto Bigi che purtroppo non è più con noi, come lui ha fatto con la tradizione marinara cattolichina.